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Indice del Materiale sulla Bibbia
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I MOLTI VOLTI DELLA MISSIONE NEL NUOVO TESTAMENTO
Ritorno alle radici della missione
(David Bosch)

Introduzione
I. Come Gesù ha vissuto la missione
II. La missione in Matteo
III. La missione in Luca
IV. La missione in Paolo

Il primo Vangelo è essenzialmente un testo missionario. Matteo non l'ha scritto per comporre una "vita di Gesù", ma per aiutare una comunità in crisi di identità a capire la sua vocazione. Lui stesso faceva parte della comunità giudeo-cristiana che, fuggita poco prima della guerra giudaica, si era stabilita in un ambiente in prevalenza pagano, probabilmente in Siria.


A partire dalla fine degli ann¡70, la situazione stava cambiando. Prima i cristiani di origine giudea non si consideravano una religione distinta, ma un movimento di risveglio all'interno del giudaismo. Ora era in atto un crescente rifiuto da parte dei circoli farisei, culminato poi con il rigetto e la rottura. La comunità di Matteo, staccata dalle sue origini e isolata in un contesto pagano, di fronte ai problemi nuovi, cercava a tastoni la propria strada. In più era spaccata da due frange estremiste: i difensori intransigenti della fedeltà alla Legge ebraica, e gli "entusiasti", di mentalità ellenista, con un'esasperata pretesa della guida dello Spirito.

Matteo non commenta le divergenze tra i due gruppi opposti, ma risale alla logica che Gesù aveva nel suo ministero, cercando di prolungarla dentro le nuove situazioni che stavano vivendo. Sembra voglia indicare questa prospettiva: la comunità potrà superare le tensioni e i conflitti interni se unirà tutte le proprie energie nella missione verso i "pagani" fra cui si trovano.

Vuole che la sua comunità non si consideri più un gruppo settoriale, ma prenda coscienza di essere "la chiesa di Cristo" (Matteo è l'unico evangelista che usa il termine ekklesia, chiesa). Lo scopo del suo Vangelo è pastorale, perché vuol dare fiducia ad una comunità che sta vivendo una crisi di identità; ma è, nello stesso tempo, missionario, perché vuole spingere i membri della comunità ad aprire gli occhi e vedere le occasioni di testimonianza e di servizio che il contesto offre loro.

MATTEO INDICA ALLA SUA COMUNITÀ
LA MISSIONE AD GENTES

Matteo non contrappone la missione verso Israele e la missione verso i "pagani". Esse non si escludono, anzi si implicano reciprocamente. Matteo indica alla sua comunità la missione ad gentes attraverso un'intelligente organizzazione del materiale di cui disponeva.

- Dall'inizio alla fine del suo Vangelo, i "pagani" hanno un ruolo importante: ad esempio, le quattro donne non israelite nella genealogia di Gesù; la visita dei magi; il centurione di Cafarnao che porta Gesù ad affermare che molti non-giudei prenderanno parte al banchetto finale con i patriarchi; la dichiarazione di Gesù che il Vangelo sarà predicato a tutte le genti; la confessione del centurione romano sotto la croce "veramente costui era il Figlio di Dio".

- Vanno aggiunte le sistematiche annotazioni che mettono i "pagani" in buona luce: Gesù sottolinea la loro fede, la loro spontanea e calda reazione nei suoi confronti, spesso confrontata con l'assenza di una simile risposta da parte dei giudei.

IL MODELLO DI MATTEO: DISCEPOLI IN MISSIONE

Non possiamo prendere in considerazione i singoli concetti chiave legati alla missione nel Vangelo di Matteo. Li vedremo globalmente nel vedere lo specifico del suo modello missionario.

1. L'identità cristiana è la missione

Qual è l'identità che Matteo, attingendo a quanto la tradizione narrava di Gesù, indica alla sua comunità in crisi? È un'identità-in-missione.

C'è come un crescendo lungo tutto il suo Vangelo, che culmina con il "mandato missionario": "Gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. Quando lo videro, si prostrarono davanti a lui; alcuni però dubitavano. E Gesù, avvicinatosi, disse loro: mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra; dunque, andate e fate dei discepoli in tutte le nazioni, immergendoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,16-20).

Ogni parola di questo invio in missione ha le radici nella storia di Gesù raccontata da Matteo. Ad esempio insegnare, nello spirito di Matteo, non è solo un'operazione di natura intellettuale, come per i greci dell'epoca: l'insegnamento di Gesù fa appello alla volontà dei suoi uditori, esige la decisione concreta di seguirlo e di sottomettersi alla volontà di Dio. Matteo mette in risalto il ruolo centrale della volontà di Dio per Gesù e per i discepoli: chi diventa discepolo e viene battezzato dai messaggeri di Cristo, deve seguire Gesù esattamente come l'avevano fatto i Dodici.

Per Matteo la missione è "fare dei discepoli". Essa ha, cioè, lo scopo di offrire a tutti la possibilità di diventare discepoli di Gesù. In Matteo, il termine "discepolo" non si riferisce solo ai Dodici, come è per Marco e Luca, ma vale per tutte le epoche: la relazione che esisteva tra il maestro e i primi discepoli si trasforma in qualcosa che supera quel momento storico. I seguaci di Gesù devono fare in modo che altri diventino ciò che essi sono.

2. Chi sono i discepoli?

Matteo sottolinea due aspetti, che vengono vissuti in una tensione creatrice, importante per la missione: da una parte mostra la loro vicinanza con Gesù, dall'altra insiste – più ancora degli altri Vangeli – sul loro atteggiamento riverenziale e di dipendenza nei suoi confronti.

Il primo aspetto serve a Matteo anche per rappresentare Gesù risorto come colui che rimane con i suoi discepoli sino alla fine dei tempi. È l'Emanuele, il Dio con noi. Perciò Matteo non parla dell'ascensione né della venuta dello Spirito Santo, e non ritiene necessario dire che Gesù ritornerà: come potrebbe, dato che rimane con i suoi discepoli?

Questa presenza duratura di Gesù è legata all'impegno dei suoi nella missione; non nel senso che se essi assumono l'impegno missionario Gesù rimane con loro, ma nel senso opposto: è perché Gesù continua ad essere presente fra i suoi discepoli, che essi partono in missione. Li ha chiamati, infatti, a "condividere la sua sorte", che è sia partecipare alla "sua sofferenza" che alla "sua autorità" di fare dei suoi discepoli in tutte le nazioni.

Con il secondo aspetto Matteo sottolinea che, per i suoi discepoli, Gesù non è semplicemente una guida, ma il Signore. È sempre con questo titolo che essi si rivolgono a lui nel suo Vangelo, mentre i suoi avversari lo chiamano maestro. Inoltre, Gesù è Colui a cui è stato dato ogni potere in cielo e in terra, dinanzi al quale i discepoli "si prosternano", gesto di sottomissione e di adorazione riservato a Dio solo. Un modo anche di riconoscere la propria debolezza e la fiducia in lui, atteggiamenti fondamentali per la missione.

3. Portare frutti

A quelli che vogliono essere veri discepoli, Gesù chiede di "portare dei frutti". Matteo ha un modo tutto suo di vedere la missione: si distacca dalle due ali estreme della sua comunità, sia dai "legalisti", a cui preme solo la Legge e l'ortodossia, sia dagli "esaltati", che tendono allo spiritualismo. A tutti richiama l'importanza dell'ortoprassi: si vede dai frutti se sei guidato dallo Spirito: l'albero buono porta frutti buoni (Mt 7,19). Tra i racconti su Gesù che la tradizione veicolava, Matteo sceglie quelli che riferiscono di azioni concrete, in particolare le "opere di Cristo" (Mt 11,2). Tra le parole di Gesù, sceglie quelle che richiedono di fare la volontà di Dio, mettere in pratica i suoi comandi, praticare la giustizia.

La missione, quindi, non può essere ristretta in una dimensione individuale, in un rinnovamento solo personale o una speciale garanzia personale per la salvezza eterna; ma implica che i nuovi credenti siano, fin dall'inizio, sensibili alle necessità degli altri e operativi nei confronti dell'ingiustizia, della sofferenza e oppressione dei deboli. "Secondo Matteo 28, non è possibile fare dei discepoli senza far loro prendere coscienza che Dio li chiama a praticare la giustizia verso i poveri. Il comando di amare, base stessa dell'impegno della chiesa nel politico, è parte integrante dell'invio in missione" (Matthey).

4. Diventare discepolo costa

Matteo è l'unico evangelista a mettere il termine ekklesia (chiesa) in bocca a Gesù. Occorre però stare attenti: non c'è una coincidenza automatica tra essere membro della chiesa e essere un discepolo. "Fare dei discepoli" non significa semplicemente un'espansione numerica della chiesa. Certo, ogni membro della chiesa dovrebbe essere un vero discepolo, ma non sempre si verifica nelle comunità cristiane che Matteo conosce. Per questo richiama le parabole della zizzania che cresce con il grano (13,24-30) e del pesce senza valore che a volte è pescato nelle reti del Regno (13,47-50). Ci sono convertiti superficiali che rinnegano la loro fede nel momento della prova, altri cedono alle tentazioni e alle pressioni del mondo (13,20-22).

Matteo sottolinea, quindi, il fatto che diventare discepolo costa. Per lui la chiesa esiste solo nella misura in cui i discepoli vivono in comunione di vita reciprocamente e con il loro Signore e cercano di vivere in conformità al volere del Padre.

CONCLUSIONE

A Matteo non interessa darci una terminologia missionaria, gli preme mostrare la pratica missionaria di Gesù e dei discepoli e, conseguentemente, della comunità cristiana. Nel descriverla usa questi termini: inviare, andare, proclamare, guarire, esorcizzare, costruire pace, testimoniare, insegnare, fare dei discepoli. Non possiamo certo dedurre dal Vangelo di Matteo una teoria missionaria valida universalmente; riceviamo però delle chiare indicazioni di cammino:

- basandosi sul ministero, morte e risurrezione di Gesù, Matteo spinge sulla strada della missione ad gentes;

- i discepoli sono chiamati a proclamare la vittoria definitiva di Gesù sul potere del male, a testimoniare la sua continua presenza, a far sì che il mondo riconosca l'amore di Dio;

- il cristiano trova la sua vera identità quando si coinvolge nella missione, comunica agli altri una nuova ragione di vivere, una nuova visione di Dio e della realtà, quando si impegna per la loro liberazione e la loro salvezza;

- una comunità missionaria si autocomprende differente dal mondo che la circonda e, nello stesso tempo, impegnata nel suoi confronti; verso ogni contesto in cui si trova a vivere ha, nello stesso tempo, un atteggiamento di simpatia e di critica;

- quando vive momenti di confusione e d'incertezza, la comunità di Matteo è ricondotta alle sue origini: è nel contatto con le persone e le esperienze che l'hanno fatta sorgere che essa può riscoprire se stessa e discernere il senso della sua vocazione.


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Settembre 1998