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«Missione» per Roma

L'iniziativa del Papa per contrastare
la secolarizzazione della città eterna,
come esempio di
"pastorale di missione permanente"

Una cultura secolarizzata, la diffusione di sette la cui spiritualità è confusa e deviante, problemi economici e sociali che esplodono nelle periferie, parrocchie emarginate come isole nella realtà complessa delle borgate e la fede che si smarrisce. Questi alcuni dei problemi che affliggono Roma, la capitale della cattolicità. Di fronte a questo quadro desolante il Santo Padre non si è perso d'animo e nel dicembre del 1985 ha proposto la "Missione cittadina". In quella occasione Giovanni Paolo II parlò molto chiaramente di preparare Roma all'evento giubilare facendo in modo che la missione cittadina raggiungesse tutta la città, ogni quartiere e borgata, ogni luogo di vita, ogni ambiente lavorativo. Nello stesso tempo propose un itinerario teologico.

Più di tredici anni sono passati da quel primo incontro, decine di iniziative sono state prese, centinaia di incontri sono stati organizzati, migliaia di missionari si sono messi in cammino. Per capire meglio come procede la missione, la rivista Sacerdos (della congregazione dei Legionari di Cristo, ndr) si è rivolta a mons. Gianrico Ruzza, segretario della Missione Cittadina della Diocesi di Roma.

"Roma si prepara a ricevere più di 20 milioni di pellegrini, — afferma mons. Ruzza — questo significa che la Diocesi deve essere pronta dal punto di vista ecclesiale. Purtroppo la città ha presentato negli anni passati un crescente fenomeno di scristianizzazione, a cui si aggiunge un allontanamento dall'impegno etico, fenomeno preoccupante per una città che ha nel suo DNA costitutivo gli elementi fondamentali del cristianesimo. Da questo punto di vista la missione deve far ritornare la forza e la cultura che scaturiscono dal Vangelo. A Roma ogni angolo della città parla di fede, si va dal martirio degli apostoli alla costituzione della Chiesa, all'arte sacra che contraddistingue tutte le epoche della città. Tutti elementi che parlano di una Roma cristiana costellata dal grande dono di santi che hanno accompagnato il cammino della città. L'obiettivo è quello di recuperare questo cammino di cultura e di fede per aiutare la diocesi a celebrare nel migliore dei modi il Giubileo".

Come è stata impostata la Missione cittadina?

"Su diretta indicazione del Santo Padre abbiamo scelto di andare nelle case, cercando di superare così la "solitudine", il più grande dei problemi che affligge tutte le metropoli. Nello stesso tempo abbiamo ripreso il confronto con la città, attraverso l'ascolto e il dialogo con le categorie professionali rilevanti: l'Università, la Scuola, i Mass Media, la Sanità. A questo proposito abbiamo organizzato degli incontri di alto spessore culturale tra eminenti cardinali e altrettanto famosi uomini di scienza. Con al centro il tema "Fede e città di Dio", il confronto si è svolto a San Giovanni in Laterano con una buona risposta numerica e soprattutto qualitativa da parte del pubblico.

La scelta di svolgere una attività capillare ci ha creato dei problemi. Utilizzare solo le forze a disposizione sarebbe stato insufficiente; allora la scelta è stata quella di coinvolgere il popolo di Dio. Dopo una prima fase di ascolto, abbiamo chiesto alle parrocchie di indicarci dei nominativi di persone disponibili a svolgere la missione. Abbiamo avuto una risposta inimmaginabile. Più di 12.000 laici si sono detti disponibili. Insieme alle 3000 religiose già presenti sul territorio e i circa 1000 sacerdoti che curano la Diocesi di Roma, abbiamo così raggiunto un totale di circa 16.000 persone attive per la missione.

La formazione dei missionari laici è avvenuta in maniera sistematica nelle 27 zone in cui abbiamo diviso la diocesi. Abbiamo organizzato incontri di formazione a cadenza mensile: preghiera in comune, mezz'ora di lezione, poi la discussione in piccoli gruppi, con domande e risposte. Il tutto gestito da un'équipe di sacerdoti che davano il tono all'incontro. Il successo è stato tale che molti incontri sono stati ripetuti nelle parrocchie, con il risultato che i 16.000 missionari si sono visti due volte al mese per tre anni consecutivi. L'entusiasmo ha caratterizzato l'atmosfera di questi incontri. Fratelli e sorelle provenienti dalle parrocchie, dai movimenti ecclesiale di varia formazione, dai gruppi specifici romani, pur provenendo da realtà ecclesiali diverse, hanno mostrato una grande disponibilità a lavorare in comunione.

Finito il periodo di formazione siamo passati alla fase operativa sul territorio, azione che ha comportato la visita alle famiglie, i centri di ascolto del Vangelo nelle case e la celebrazione della parola di Dio una volta alla settimana nelle parrocchie.

Tre momenti che d'ora in poi rimarranno in maniera permanente nella pastorale delle parrocchie.

I missionari hanno raccontato che l'incontro con le famiglie è stato un momento importante; la gente ha mostrato un grande desiderio di dialogo, moltissime famiglie hanno chiesto la benedizione delle abitazioni, una tradizione che a Roma era stata un po' abbandonata, invece abbiamo visto che si tratta di uno di quei segni di "annuncio" di cui la gente ha bisogno. Questa esperienza ha mostrato chiaramente che la Parrocchia deve uscire da se stessa e, come ha detto il Santo Padre, recuperare fedeli che magari per difficoltà d'impatto o per pregiudizio si erano allontanati".

Quali sono i principali problemi da risolvere per procedere nella missione?

"Il problema vero è quello di formare le persone in grado di toccare il cuore della gente. È vero che quello che conta è portare l'annuncio di Gesù, bisogna però disporre di una capacità di linguaggio che consenta di farsi capire, una formazione fatta di preghiera, di sviluppo intellettuale e di azione. La domanda che emerga da questa esperienza di missione cittadina è vasta e profonda. La Chiesa deve trovare energie per rispondere adeguatamente. C'è molta gente che può dare un contributo non tanto sul piano teologico, ma dal punto di vista dell'esperienza. Bisogna che queste forze vadano aiutate e sostenute.

Il prossimo anno dovremo affrontare la sfida più grande, quella della missione negli ambienti di lavoro. Si tratta di un lavoro enorme, di cui non abbiamo nessuna esperienza. A Roma ci sono centinaia di migliaia di lavoratori che lavorano in ambienti diversi. La nostra speranza è quella di poter sviluppare in ogni ambiente un'équipe missionaria. Ogni singola équipe dovrà consegnare la lettera del Papa e organizzare almeno due incontri ,di cui uno formativo e uno celebrativo. Sappiamo già che incontreremo molti ostacoli. L'obbiettivo è quello di trasformare il mondo del lavoro diviso dalla competizione in una comunità di interessi. Ritrovandoci come uomini cercheremo di umanizzare il mondo del lavoro.

Più facile sarà la missione nel mondo della scuola. L'università ha già un suo progetto che è quello della carità intellettuale, la promozione cioè di una cultura ispirata ai valori cristiani in dialogo con tutte le culture. Per quanto riguarda poi il 70% delle scuole superiori, la totalità delle scuole medie e di quelle elementari, disponiamo già di équipe composta da insegnanti, personale non docente e genitori, che operano per portare avanti progetti di formazione".

Che prospettive si aprono per il futuro?

"La missione cittadina ha sicuramente generato un grande entusiasmo. Constatiamo una ripresa in tutti i campi delle varie realtà e attività, anche se è difficile esprimere in numeri questa nuova realtà; e, certamente, la missione non può essere valutata solo dai numeri. Credo che la migliore indicazione verrà dai sacerdoti attraverso il confessionale. Una valutazione più profonda potrà essere fatta in seguito perché i risultati si misurano sull'onda lunga. Per ora abbiamo raggiunto l'obbiettivo più importante che era quello di far acquisire alla diocesi una mentalità pienamente missionaria. Adesso ci si rende conto che si può e si deve uscire dalla parrocchia per tutto l'anno. Con la missione permanente è la parrocchia che va dalla gente: così l'annuncio giunge anche a chi è lontano dalla Chiesa. Uno dei risultati più importanti di questa sensibilizzazione è un rinnovato entusiasmo, da parte dei sacerdoti, nel ministero dell'incontro spirituale con la gente.

Antonio Gaspari

(Da Sacerdos, luglio-agosto 1998, pp. 2-5)


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Settembre 1998