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La missione genovese a Santo Domingo
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La missione genovese a Santo Domingo (Repubblica Dominicana)

Alcuni flash di vita quotidiana (2000)

37: MATRIMONI "PER LA FINESTRA"

Sabato 8 Gennaio 2000

È appena iniziato il giubileo, e qui c'è un fervere di iniziative che a tutti fa sentire presente e operante questa realtà nuova e bellissima! Spero che sia lo stesso anche da voi, e che abbiate potuto partecipare come noi qui alla Solenne apertura diocesana del Giubileo, con il vostro vescovo.

Vi parlo però oggi di una realtà che mi reso tristi questi primi giorni dell'anno. Una realtà che già conoscevo per sentito dire, ma che non avevo ancora toccato con mano così da vicino.

Z. è una ragazzina di 17 anni, fa parte del gruppo giovani, impegnata come una dei responsabili del gruppo. Anima la messa, canta, suona il pandero (tamburello); è ben inserita nella vita parrocchiale.

Una settimana fa, sua mamma mi contatta in lacrime: Z. è andata dal fidanzato. Ritornerà, provo ad acennare io. Macché, ribatte sua mamma, è già due giorni, si è sposata "per la finestra"!

Z. forse aveva in casa negli ultimi giorni un clima non facile. Il papà la notte dell'ultimo dell'anno non l'ha lasciata uscire di casa. E non sarebbe andata lontana. A 10 metri dalla casa, suo fratello maggiore con gli amici della parrocchia stavano aspettando l'anno in maniera molto semplice; non c'erano pericoli, ma per Z. non c'è stato niente da fare. Le decisioni del papà non si discutono, lui dice che con i figli bisogna essere fermi.

Fatto sta che per Z. è iniziata l'avventura "matrimoniale". E non potrà tornare a vivere a casa, perché, come dicono qui, "ormai non è più una signorina!". Resterà incinta, smetterà di studiare, e con tutta probabilità in meno di due anni comincerà ad avere problemi con il "marito", e forse si lasceranno.

Dio non voglia che cominci quella che è una realtà verissima per molte ragazze dei barrios: passare da un uomo all'altro, facendo uno o due figli con ciascuno, figli che lui non vorrà riconoscere e che quindi verranno dichiarati tardi all'anagrafe e inizieranno tardi la loro carriera scolastica.

Z. tornerà da sua mamma dopodomani, al nono giorno, per "baciarle la mano": la maniera in cui i figli qui esprimono il loro affetto e sottomissione ai genitori, e che in pratica consiste nel chiedergli la benedizione: "Bendiciòn, mamà" - "Dios te bendiga". La mamma dovrà piegarsi alla realtà, che Z. ormai non è più una signorina, che si è scrollata dalle spalle la famiglia che ormai le stava stretta.

Forse Z. non vuol pensare che la nuova famiglia le diventerà presto stretta uguale. Per ora si è tolta da un problema. Il futuro... non c'è nessun progetto definito. C'era una situazione pesante, c'è stata la fuga. Per ora può bastare.

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38: CEDULA, GOVERNO NON SINCERO

Lunedì 10 Gennaio 2000

Esce sui giornali di oggi l'annuncio che la Giunta Centrale Elettorale (equivalente all'italiana anagrafe) porterà a termine entro il mese di febbraio la cedulazione di tutti i cittadini dominicani. Ieri è stato consegnato un riconoscimento al cittadino che ha ricevuto la cedula numero 4.000.000.

Di che si tratta? I dominicani vengono dichiarati agli uffici civili e si redige l'atto di nascita. Normalmente tutti i dominicani dichiarati all'anagrafe conservano gelosamente il certificato di nascita (scritto a mano dall'impiegato dell'ufficio, con una calligrafia non facile da decifrare), perché è notorio che può non essere facile ottenerne un'altra copia.

Ora, la dichiarazione all'anagrafe non è sufficiente, perché gli archivi consistono praticamente soltanto nei libri delle dichiarazioni. Così per computerizzare, e in particolare per il processo elettorale, si è da anni inventata la cedula, il documento di identità, realizzato in maniera modernissima come una carta di credito. Porta i dati fondamentali, un numero unico che identifica la persona, la foto, l'impronta digitale, e anche una specie di codice a barre per la lettura automatica (a proposito, a quando l'avremo anche in Italia?).

Il problema è che i centri di cedulazione sono molto pochi in relazione al numero di cittadini a cui manca il documento. Due mesi fa ho avuto a che fare con una donna che aveva in mano un papiro che era in pratica la costanza di richiesta della cedula. Data: 12 settembre 99. Riporta l'indicazione che la cedula sarebbe stata consegnata dopo due mesi. Verso metà di ottobre telefono all'ufficio centrale, e chiedo conferma riguardo al fatto che la cedula sia consegnata effettivamente alla data indicata. L'impiegato mi fa una risata in faccia, praticamente. Mi spiega che al momento stanno consegnando le cedule di quelli che hanno presentato domanda nell'agosto 98, cioè più di un anno prima! E che la velocità del processo è pari al ritmo in cui si presentano nuove richieste. Deduzione rapida: quella cedula chiesta nel settembre 99 sarà consegnata (forse) a dicembre 2000! Parola dell'impiegato

Ora, perché il giornale sottolinea così con forza (articolo di prima pagina) che il processo è in via di completamento? Va tenuto presente:

a) l'imminenza delle elezioni, per le quali è necessario avere la cedula, e quindi l'interesse del governo di far pensare che sta portando il paese alle elezioni in una maniera normale.

b) il ruolo importantissimo che il paese ha assunto nello scacchiere dei paesi poveri. L'ultimo vertice dei paesi di Africa Caraibi e Pacifico è stato organizzato, con successo qui, e al presidente è stata riconosciuta una leadership indiscutibile in seno al gruppo. Di qui l'importanza che a livello internazionale la Repubblica Dominicana appaia come un paese dove le cose funzionano.

La realtà, purtroppo, è ben diversa. Non solo moltissimi cittadini dichiarati sono senza cedula, e rimarranno senza cedula fino a ben dopo le elezioni; ma addirittura ci sono moltissimi non dichiarati. Quanti sono? chi può saperlo? La realtà dei barrios poveri come il nostro è che i non dichiarati dovrebbero essere un 10-20%. E siamo in città. Nei paesini, come sarà la situazione?

A livello ufficiale, l'ultimo censimento è stato fatto nel 1991. Ma non sono mai stati pubblicati i risultati ufficiali.

E le elezioni si avvicinano. Tutti hanno paura di brogli. Non sarà difficili farli, considerata la realtà.

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39: LA CORTESIA DEI DOMINICANI

Martedì 18 Gennaio 2000

Per noi italiani lascia sempre un po' di stucco la cortesia dei dominicani.

Usano moltissimo alcune espressioni che a noi sembrano afettate, e che fanno sempre porre la domanda: ma dice sul serio o no?

Se uno e' in un gruppo di persone e ci si presenta personalmente, e' facile che, terminati i dati personali e le altre cose che deve dire, concluda: "para servirles", cioe' "sono qui per servirvi".

Negli uffici pubblici la gentilezza e' d'obbligo. Se si domanda per esempio: lei e' il signore tal de' tali?, la persona risponde senz'altro e in maniera decisa: "a su orden", "ai suoi ordini". Lo stesso per telefono, e quando si ringrazia una persona alla quale si e' chiesta l'informazione, che sia il capo o l'ultimo usciere non importa. Nei negozi e' la stessa cosa.

Nelle relazioni interpersonali, e' vero che il dominicano ringrazia poco. Ha un po' la mentalita' che tutto gli e' dovuto; d'altronde lo hanno abituato a vivere di elemosine e clientelarismi. Pero' se sei tu a ringraziarlo, la sua risposta sara' puntualmente: "siempre", oppure ancora "a su orden"; piu' raramente "de nada".

Nella parrocchia, quando mi capita di passare in una parte del barrio dove non ero mai capitato, spesso e volentieri mi si presenta sull'uscio di casa sua un o una parrocchiana, dicendomi: "Yo vivo aquí, estamos a sus ordenes", cioe' "vivo qui, sono a sua disposizione". E questo vuol dire che se hai bisogno di un favore li' in quella zona, o se c'e' bisogno della sua casa per celebrare li' gli incontri delle comunita' di base, lei da' la sua disponibilita'. Concreta, come ho potuto sperimentare molte volte. Lo stesso capita se incontri un parrocciano sul suo lavoro, sara' un piacere per lui essere a disposizione del parroco e della comunita' cristiana.

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40: UNO STATO CHE NON TI RICONOSCE

Mercoledì 2 Febbraio 2000

Si avvicina qui il tempo delle elezioni. Tutti i dominicani sono invitati a rinnovare la loro cedula, cioè il documento di identità. Il governo continua a dire che le procedure vanno a gonfie vele. Con la fine di gennaio è scaduto il termine per presentare domanda, e chi non l'ha fatto e ha una cedula più vecchia di un tot di anni non potrà votare.

Il problema è che con tutta probabilità si sta togliendo il diritto a votare a molti. Alla gente che ha smarrito o distrutto la cedula lo stato offre il servizio (computerizzato) di ritrovare i suoi dati e di ri- stampargli la cedula con alcuni dati anagrafici fondamentali, cercando nella base di dati generale.

Purtroppo molti cittadini si trovano nella situazione che i terminali non li trovano. Molti hanno detto che di loro l'unica cosa che si è riuscito a trovare sul sistema è stata la foto. E quindi non viene dato loro nessun documento; inutile dire che non potranno votare.

Perché succede questo?

1. Il governo non riesce a controllare i suoi strumenti informatici. Questa ipotesi sembra da scartare.

2. Di fatto le persone che hanno dato queste testimonanze vivono in quartieri poveri. Può essere che si vuol far risultare minore la fascia di povertà? Il governo aveva messo tra i suoi programmi la lotta alla povertà. Non ci sarebbe da stupirsi che si eliminassero "anagraficamente" i poveri.

3. Per controllare i voti, eliminando dal sistema quelli di cui non si ha la sicurezza che votano per sé. Tramite le sezioni di partito è possibile controllare la popolazione. Sei mesi fa era uscita la denuncia, non smentita, che un partito passava alla polizia liste di persone con comportamenti sociali "devianti". Il cittadino è conosciuto, e se sgarra, ci sono gli strumenti per controllarlo. E' dunque inverosimile l'ipotesi delle sparizioni programmate dal sistema anagrafico-elettorale?

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41: IL GIUBILEO DEI MALATI NELLA PARROCCHIA DI SANTIAGO EL MENOR

Sabato 12 Febbraio 2000

Il venerdì 11 di Febbraio le parrocchie di Santiago el Menor e di Nuestra Señora del Amparo hanno celebrato il Giubileo degli Infermi.

E' stato anzitutto un momento di un cammino molto forte che vede le due parrocchie camminare insieme, condividendo gli sforzi della evangelizzazione. E molte volte si aggiunge a questo cammino anche la parrocchia di Santa Margarita, dove lavora don Paolo.

Il Giubileo degli Infermi è stato una cosa molto semplice. La Messa, con il sacramento dell'Unzione dei Malati, è stato il suo centro. Moltissimi hanno partecipato, chiedendo con fede la guarigione al Signore Gesù. Soprattutto il momento dell'unzione ha trovato tutti in profondo spirito di orazione, con canti dolci e forti che guidavano la preghiera comune.

C'è stato anche un momento molto bello, forse una guarigione avvenuta. Una donna storpia si è alzata, percorrendo senza aiuto la chiesa intera, tra le esclamazioni di gioia e lode di tutti i presenti. Veramente il Signore opera, e in maniera potente!

La preghiera dei fedeli, come è usanza, ha coinvolto varie persone: i malati stessi, i membri della "pastorale sociale", che li visitano periodicamente, gli animatori di comunità, veri e propri centri di propulsione e di coordinamente di tutte le attività parrocchiali.

Dopo la Messa, un momento molto semplice ma anche intenso di festa nel salone. Ha colpito tutti la lotteria: venivano estratti a sorte alcuni oggetti insignificanti, realizzati con bicchieri di carta e con carta crespa coloratissima. Non si può descrivere la gioia dei malati che hanno avuto la fortuna di vincere!

Non poteva mancare l'offerta di sugo di frutta per placare la sete, forte a causa de solleone che batteva.

Verso sera, l'evento si è sciolto: ogni malato aveva i suoi accompagnatori, perché nessuno dovesse incontrare difficoltà nel ritorno alla casa.

E tutti, certamente, avevano trascorso un pomeriggio ricco: di fede, per la Messa e il sacramento dell'Unzione; di solidarietà gioiosa, per la vicinanza di tanti fratelli e sorelle che condividono la stessa passione per l'uomo e per Cristo che si fa incontrare in lui.

don Lorenzo

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42: LE NOMINE DEL PERSONALE DELLA SCUOLA

Venerdì 25 Febbraio 2000

La missione sta vivendo un momento abbastanza carico. Siamo alle prese con la nomina statale del personale della nostra scuola.

Don Lino, iniziando la scuola, aveva cercato il più rapidamente possibile di farla diventare "pubblica", cioè di ottenere dallo stato il pagamento del personale, docente e no docente. Ciò è previsto dal concordato, che lascia alla direzione delle scuole cattoliche la facoltà di proporre il personale che più desidera.

Fatto sta che questo processo ancora non si è concluso, e, se si assesterà, sarà per ora, perché l'edificio più nuovo della scuola non è ancora finito, e quindi ci sarà un ampliamento e la proposta di nuove nomine.

Cosa succede quando uno aggiunge delle classi alla scuola? Anzitutto, i professori (e i bidelli) che trova li mette a lavorare "senza nessuna garanzia". Nelle nostre scuole, come anche in quelle puramente statali, la persona che viene messa a fare il maestro non riceve nessuna sicurezza che verrà nominata. (E, aggiungo io, sarebbe anche un controsenso, dal momento che non si fa né concorso). Questo significa che lavorerà gratis per mesi e mesi, a volte per anni, rimanendo in quel posto nella "speranza" della nomina.

La nostra scuola ha bidelle proposte per la nomina due anni fa, che ancora non ricevono lo stipendio dallo stato. A noi non sembra giusto tenerle a lavorare senza niente, e passiamo loro un contributo poco più che simbolico, un rimborso spese.

Dopo aver messo a lavorare le persone, uno si deve dar da fare perché siano nominate. Sembra facile, ma non lo è. Fare la pratica non basta, se uno non si mette a girare per uffici, e a parlare personalmente con il personale incaricato, per poter far arrivare in porto le sue pratiche. Se non si fa tutto questo non si muove niente.

In Dicembre c'è stato un giro di nomine. Pensavamo di essere a posto. C'è stata nominata solo una maestra, e sono rimasti "al palo" altri due maestri, 4 bidelle, e due portieri. Perché? Difetti nella pratica (che dal ministero hanno chiesto all'ultimo momento, sembra apposta per poter ridurre il numero delle nomine), mancanza di iniziativa da parte dei quadri intermedi, dimenticanze.... Soltanto a nomine avvenute abbiamo saputo che due pratiche erano tornate indietro da un anno. Nessuno si è preoccupato di avvisare.

Ora sembra che l'unica possibilità di avere queste nomine a breve termine sia quella di andare a parlare direttamente con la ministro. Rispetto a come vanno le cose in Italia, qui è più facile arrivare a quel livello, soprattutto se si ha qualche aggancio. Toccherà alla ministro, se vuole, trovare delle risorse per coprire queste nomine. Bontà sua. C'è da sperare che riusciamo a farle capire che il suo partito può prendere un pugno di voti in più nelle prossime elezioni, questa potrebbe essere l'arma decisiva.

Vi farò sapere come sarà andata. Intanto vi chiede la collaborazione della preghiera. Grazie!

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43: CERCASI MINISTRI DELL'EUCARISTIA

Mercoledì 29 Marzo 2000

Ciao a tutti! Ho passato un po' di tempo senza farmi vivo, e ve ne domando scusa. Tra impegni vari, influenze passeggere e stanchezza generale mi sono lasciato andare. Ve ne chiedo scusa. Recupero dicendovi qualcosa della formazione dei ministri nella mia parrocchia.

È praticamente da quando sono qua che alcuni parrocchiani mi continuavano a dire: abbiamo i ministri della parola ma ci mancano quelli dell'Eucaristia.

E di fatto don Lino non aveva potuto arrivare a costituirli perché il vescovo lo ha richiamato a Genova per il "cambio della guardia"; però aveva preparato il terreno, e nella comunità c'era il desiderio che "uscisse allo scoperto" questo ministero preziosissimo.

Dopo un anno e più di vita di parroco sono arrivato a decidermi. La formazione l'avrei dovuta fare io, per presentare i candidati al vescovo la prima volta che fosse venuto in parrocchia.

Ho pensato di fare una chiamata "aperta". Spiegando durante le messe cosa significava (e cosa richiedeva) essere ministri, ho fissato una riunione di tutti gli interessati e ho convocato chi si sentiva.

La risposta è stata generosa: 25-30 persone! Così con loro ho iniziato il corso di formazione: i primi incontri sulla bibbia, poi un po' di incontri su Cristo, il Padre, lo Spirito, seguiranno i temi della storia della Chiesa, dei sacramenti, in particolare dell'Eucaristia. Il tutto per un totale di circa tre mesi.

Ora siamo a metà della formazione. Salteremo una settimana, per la concomitanza di altri impegni parrocchiali, e il martedì santo faremo una convivenza tutto il giorno, fuori della parrocchia.

Chi sono i candidati ministri? uomini e donne, maturi (così ho chiesto espressamente) e ben radicati nella chiesa. Tra di loro molti sono da vari anni animatori di comunità; qualcuno aveva una vita attiva già nella parrocchia dove viveva prima, la maggioranza ha scoperto il Signore qui in Guaricano.

Ad alcuni di loro dovrò dire che non possono fare i ministri perché non sanno leggere in maniera decente. So che non li metterò a disagio, perché la cosa è chiara fin dall'inizio. A qualcun altro lo farò semplicemente ministro dell'Eucaristia per gli infermi; a diversi darò anche la facoltà di presiedere la celebrazione della parola, con tanto di predicazione. E come gli farà piacere annunciare la parola di Dio! Ad alcuni, infine, consiglierò che prima di diventare ministri dimostrino un po' più di iniziativa pastorale in qualche altro servizio.

Qui in Santa Margherita i ministri dell'Eucaristia saranno un dono nuovo; per mezzo di loro si potrà portare l'Eucaristia tutte le domenica a molti malati che desiderano fortemente l'incontro eucaristico.

Nelle parrocchie di Santiago el Menor e di Nostra Signora dell'Amparo i ministri dell'Eucaristia funzionano già da vari anni, segno di comunità meno nuove all'esperienza comunitaria e ecclesiale. E lì il lavoro procede bene, con molti frutti. Don Lorenzo sta raccogliendo i frutti delle fatiche di don Giulio, come io raccolgo quelli delle fatiche di don Lino. Che, grazie al Signore, entrambi hanno lavorato molto bene!

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44: LA VIA CRUCIS DELLA SPERANZA

Giovedì 20 Aprile 2000

Domani, venerdì santo 21 aprile 2000, le 16 parrocchie della zona pastorale "E" di Santo Domingo, zona a cui appartiene la missione, daranno vita a una "Via Crucis della Speranza".

L'appuntamento è per tutti di fronte alla propria parrocchia, dove alle 5 del mattino si partirà in processione. Un gruppo di preti della zona legati al movimento delle comunità ecclesiali di base - noi seguiamo questa linea - ha redatto il testo per la celebrazione. Parola di Dio, e commenti-riflessioni legati al tema del Debito Estero dei paesi poveri.

La speranza è che grazie anche a questo evento la comunità nazionale e internazionale prenda coscienza di quanto il Debito Estero condiziona la vita del paese, e di quanto impedisce un sano sviluppo.

Dalle varie parrocchie, le 16 processioni convergeranno verso un unico punto centrale, in Villa Mella (periferia nord di Santo Domingo) con un movimento periferia-centro e una gran concentrazione di persone che può attirare la attenzione dei mezzi di comunicazione. Il desiderio è quello di lanciare un messaggio in bottiglia che arrivi il più lontano possibile.

Nella lotta dei poveri per sopravvivere e avere una speranza ci siamo anche noi. Contenti di affiancarci al Signore Gesù che continua oggi la sua passione nel futuro incerto della gente dei nostri barrios.

Buona Pasqua!

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45: CELEBRATA LA VIA CRUCIS DELLA SPERANZA

Venerdì Santo, 21 Aprile 2000

Vi avevo annunciato che questa mattina facevamo una Via Crucis di tutta la zona pastorale come gesto di sensibilizzazione e di presa di coscienza sul tema del Debito Estero dei paesi poveri.

La riuscita è stata superiore a ogni speranza. Molta la gente. Di qualità la partecipazione. Buona la organizzazione.

Significativi, e molto chiari, i messaggi che la gente ha sentito:

"Ogni bambino domenicano che nasce si trova addosso un debito di 500 dollari. Lo stesso suo papà, sua mamma, i suoi fratellini, i suoi nonni".

"Le risorse che il paese deve investire per pagare gli interessi del Debito Estero gli impediscono di costruire scuole e ospedali".

"Il Debito Estero non si potrà mai pagare, per questo alcuni lo chiamano 'debito eterno' (in spagnolo c'è un gioco di parole: deuda externa/eterna). Chiediamo che si condoni perché possa rinascere la speranza".

"Chiediamo che i nostri governanti amministrino bene il denaro pubblico, perché la situazione già grave a causa del Debito non peggiori ulteriormente".

Le nostre tre parrocchie di Guaricano hanno portato alla celebrazione circa mille persone. Molte di più sono arrivate dalle altre 13 parrocchie partecipanti, per un totale di almeno 3000 persone.

La gente l'ha sentito come un vero momento di vita ecclesiale, e anche come una modalità necessaria nella partecipazione alla vita "politica".

Il clima si è mantenuto sempre religioso. Nel momento finale, celebrando la quindicesima stazione, la resurrezione di Cristo, ci sono state parole significative, dette con convinzione dall'arciprete della zona. La gente mai si è lasciata andare a manifestazioni di entusiasmo "leggero". Non ci sono stati applausi, ma ascolto della voce del Signore in favore dei suoi poveri.

Radio ABC, una emittente cattolica, ha coperto l'avvenimento.

La celebrazione si svolgeva, in contemporanea, in una zona più a sud della città, con la presenza di un vescovo ausiliare della diocesi, e anche in altre tre città del paese.

Il movimento delle Comunità Ecclesiali di Base ha saputo parlare al paese. Ora tocca al paese, e alla comunità internazionale, ascoltare la voce dei poveri.

A tutti voi, che state dalla parte "ricca" del mondo, chiediamo la solidarietà cristiana e l'appoggio, perché il sogno di tanti poveri possa convertirsi in realtà.

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46: LANCIATE LE ADOZIONI A DISTANZA

Venerdì 28 Aprile 2000

Carissimi tutti!

C'è un gruppo di giovani a Genova che si sono messi veramente sotto!

In collaborazione con l'Ufficio Missionario Diocesano hanno lanciato l'iniziativa delle "adozioni a distanza". E' una maniera di portare nel cuore la missione, che non è solo mia e di don Lorenzo e delle suore, ma di tutta la comunità diocesana.

E' stata fatta la scelta di non "collegare" l'adottante con un adottato, per non dare l'idea di un "possesso". Chi adotta partecipa nell'opera della chiesa genovese in Guaricano, che è quella di offrire cibo a fratelli e sorelle affamati, istruzione a bambini e giovani di poche risorse, dignità umana a molte persone.

L'iniziativa nasce dal gruppo degli "Amici del Guaricano", che ha la sua sede nella parrocchia di N. S. delle Grazie, Castelletto, a Genova. E' il frutto della visita a Santo Domingo di don Chicco, il curato di quella parrocchia. L'entusiasmo è tanto, le iniziative pure.

Contattate guaricano@freemail.it se volete maggiori informazioni. Vi risponderanno con gioia!

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47: CONVIVERE CON GLI "APAGONES"

Sabato 10 Giugno 2000

Carissimi amici italiani:

dopo il mesetto di permanenza a Genova, mi rifaccio vivo. Ho visto molti di voi, abbiamo potuto condividere insieme pochi minuti o una serata. Con molti altri l'incontro personale non è stato possibile. Da parte mia continuo a farmi vivo, mettendovi al corrente di quello che viviamo.

Oggi vi parlo degli "apagones" (=spegnimenti), cioè di quando se ne va la luce elettrica.

Il problema da sempre è stato presente nel paese, ma ultimamente si è fatto tragico.

Nonostante ieri, giovedì 9 giugno, il presidente uscente Leonel Fernandez abbia inaugurato una nuova centrale elettrica da 105 MegaWatt a Boca Chica, la mancanza di corrente è sempre più forte.

E in realtà da quando ci sono state le elezioni presidenziali del 16 maggio u.s., vinte dal candidato dell'opposizione, ing. Hipólito Mejía (Partido Revolucionario Dominicano), le ore giornaliere di mancanza di corrente sono passate da una media di 4-5 a 7-8! La ragione ufficiale è che si stanno facendo dei lavori alle centrali, e quindi esse non possono funzionare a pieno regime.

Sta di fatto che due giorni fa l'arcivescovo di Santo Domingo, card. Nicolás de Jesús López Rodríguez, ha richiamato pubblicamente l'attenzione sul fatto che questo stato di cose può mettere il paese in uno stato di instabilità che può ingererare in disordini popolari.

E i giornali di oggi riportano la preoccupazioni dei gruppi industriali, soprattutto dell'industria alimentare, per la grave mancanza di corrente.

Da parte sua il presidente uscente, parlando all'inaugurazione della nuova centrale, ha assicurato che nei prossimi giorni la situazione "si stabilizzerà". La frase rimane purtroppo ambigua, e dà l'idea di voler buttare acqua sul fuoco di una situazione che potrebbe peggiorare improvvisamente.

La situazione quindi rimane grave, e non è stata per niente risolta dall'avviamento del processo di privatizzazione dell'energia elettrica. Le compagnie americane che hanno rilevato, già da parecchi tempo, la distribuzione dell'energia, non hanno potuto o voluto far niente per migliorare lo stato di cose. Piuttosto, per la gente e per le imprese ci sono stati consistenti aumenti delle tariffe elettriche. A fronte di un servizio ogni giorno più scadente.

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48: ORDINATI 34 NUOVI PRETI

Sabato 24 Giugno 2000

Un carissimo saluto a tutti!

Ho participato stamattina alle ordinazioni sacerdotali di questo anno giubilare. In un palazzetto dello sport dove si sono riunite circa 4000 persone sono stati ordinati 25 nuovi preti di tutto il paese. A loro vanno aggiunti altri 9 ordinati pochi giorni fa.

La celebrazione, in perfetto stile dominicano, è stata molto viva. Erano presenti circa 150 preti da tutte le diocesi dominicane.

Sei degli ordinati vengono dal seminario neocatecumenale "Redemptoris Mater", dove si formano giovani da tutti i paesi del mondo. Uno di loro era della Costa d'Avorio, ed è stata notata la presenza "variopinta" dei genitori, in abiti tradizionali africani. Un altro giovane era di origine filippina, e poi gli altri dai paesi dell'America Latina.

La diocesi di Santo Domingo era rappresentata da tre ordinandi. Un numero nella media degli altri anni, e che, stante la povertà di clero, abbassa l'età media dei presbiteri diocesani. Ma un numero povero, considerando che la diocesi fa quattro milioni di abitanti. E che almeno quindici parrocchie aspettano un prete.

La Chiesa Dominicana è una chiesa giovane, piena di vitalità e di iniziative. I laici sono molto coinvolti nella pastorale. Chiede e attende fiduciosa dal Signore una più forte primavera vocazionale.

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49: LA GIOIA DI CANTARE

Domenica 16 Luglio 2000

Un carissimo saluto a tutti!

Venendo a Genova, il mese scorso, ho incontrato comunità vive, con la passione della missione, e con il desiderio di esprimere quello che sono.

Però tornando qua ho dovuto riconvincermi di una cosa: che nel canto ci battono!

Nelle parrocchie di Santiago el Menor e Nuestra Senora del Amparo ci sono vari cori, tutti di giovani, che si danno il turno nell'animazione delle messe. E molte delle cappelle parrocchiali hanno anche loro il loro coro "personale". Basta che ci sia qualcuno che sappia suonare un po' di chitarra, che senza nessuna fatica trova ragazzi e ragazze con voglia di cantare.

Nella mia parrocchia fino ad adesso l'animazione dei canti era affidata a persone singole, che al microfono intonavano e guidavano.

Tornando da Genova mi hanno fatto la sorpresa! Hanno contattato un tipo che vive in uno dei nostri campi, un certo Trinidad, che sa di musica e suona bene la chitarra. Con lui si sono messi a provare e... telolì che al mio ritorno c'era già qualcosa di più bello! Ora continuano a vedersi tutte le settimane - sono 5/6 maschi e 7/8 femmine, soprattutto adulti - e migliorano di volta in volta.

Se si può trovare un pelo nell'uovo, qui in Repubblica Dominicana, è che fanno fatica a concepire un canto "non gridato": quando cantano, che sia al bar (colmado) o in chiesa, cantano sempre a squarciagola. Questo ha l'effetto di una difficoltà ad ascoltarsi reciprocamente quelli che cantano, e possono esserci stonature non volute.

Con don Lorenzo affrontiamo spesso l'argomento, perché entrambi abbiamo una certa sensibilità musicale. Siamo fiduciosi di poter aiutare le nostre comunità a crescere in questo. Con il tempo. E cercando di non mortificare il dono bello che hanno ricevuto!

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50: IL GIUBILEO DELLE PARROCCHIE

Martedì 8 Agosto 2000

Un carissimo saluto a tutti!

Mentre voi in Italia siete in vacanza (e molte parrocchie vanno in letargo) qui da noi le cose procedono più vive che mai.

Sabato scorso abbiamo celebrato il giubileo delle nostre parrocchie. Siamo andati in pellegrinaggio alla cattedrale, dove abbiamo varcato la porta santa e abbiamo celebrato l'Eucaristia.

Molti dei nostri parrocchiani (e anche noi!) hanno potuto lucrare l'indulgenza, e per loro è un qualcosa di festoso. Ricordo che in un ritiro che abbiamo fatto in quaresima un laico aveva spiegato che cosa era l'indulgenza, e i commenti che ho sentito poco dopo erano del tipo: "Guarda che cosa bella, non la sapevo, speriamo che si possa fare presto!".

Il nostro giubileo ha avuto poco di pellegrinaggio, in realtà, perché la camminata è stata, per la maggior parte dei pellegrini, simbolica: percorrere una strada pedonale. Però l'abbiamo fatto portando i nostri bei striscioni, e cantando lodi bellissime. La cosa bella era che le commesse, giovani e non, di molti dei gazebo che si trovano in quella strada, si univano al nostro canto e battevano le mani con noi.

Un gruppettino di 30 persone sono andate a piedi dal Guaricano. Hanno camminato per tre ore e mezzo, hanno preso un po' di sole (per un'ora), un acquazzone (per mezz'ora) e una pioggerellina persistente per il resto del tempo. Però nonostante questo sono arrivate, contente, anche se un po' affaticate.

Nella messa, ogni comunità parrocchiale aveva il suo spazio di partecipazione: chi le letture, chi la presentazione dei doni, chi il rigraziamento finale, ecc. Qui è importantissimo che tutti si sentano protagonisti; per fare ciò si arriva a volte a inventare servizi nuovi che possano permettere a tutti di sentirsi "dentro" alla celebrazione.

Abbiamo vissuto questo momento con entusiasmo. Queste chiese giovani sono vive e desiderano gustare il giubileo a fondo. Sono di esempio anche per noi preti della vecchia Europa.

Un buon giubileo a tutti!

don Paolo e don Lorenzo

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51: LA MISSIONE PARROCCHIALE

Domenica 27 Agosto 2000

Un carissimo saluto a tutti!

Nella mia parrocchia abbiamo appena finito la "Missione Parrocchiale 2000". Per 15 giorni più di 100 missionari della parrocchi hanno battuto a tappeto il territorio, entrando in tutte le case e consegnando un messaggio sull'amore di Dio. Accolti molto bene dalla gente, sono stati loro i primi a rinforzarsi nella fede.

Ma andiamo con ordine. La parrocchia ha una tradizione già affermata di missioni parrocchiali. Don Lino deve aver fatto la prima nel '94, e da lì l'esperienza si ripeteva tutti gli anni, sempre nella seconda metà di agosto.

Così si è cominciato a parlare della missione al principio di luglio, e nella seconda metà del mese abbiamo chiesto che la gente si prendesse l'impegno formale di essere missionari. La risposta è stata entusiasta: circa 130 persone hanno aderito: la maggioranza persone ancora giovani (35- 40 anni), parecchi anziani, e un buon numero di giovani dai 16 ai 25 anni.

Nel frattempo sono stati scelti i coordinatori dell'iniziativa: un coordinatore generale (il buon Marcial sempre disponibile e fidato), e per ogni settore due persone, che avevano l'incarico di effettuare il conteggio delle case del settore e di ripartire i missionari tra le varie parti del settore.

La preparazione dei missionari si è articolata in tre pomeriggi: un primo pomeriggio di ritiro spirituale, e altri due di formazione pastorale ("il contenuto del kerigma", "la maniera di avvicinare la gente").

Nel frattempo nelle comunità di base (sono circa 35) si è trattato del tema e pregato, e si è fatta "pubblicità" all'evento.

L'inizio formale è stato domenica 13, con la "Messa di Invio" dei missionari. Su ognuno di essi si è pregato, tutta la comunità riunita, ed è stata consegnata loro un'immagine della Trinità di Rublev, perché non dimenticassero che il loro lavoro missionario era per introdurre le persone in quella stessa comunione illustrata dall'immagine.

Il giorno seguente, primo giorno di missione, i missionari si sono riuniti alle 3 del pomeriggio. Una mezz'oretta di preghiera, e poi la ripartizione fra le varie zone del settore a cui toccava in quel giorno la missione. I coordinatori, forti del lavoro che avevano fatto insieme al responsabile di settore, avevano già in precedenza presentato il conteggio delle famiglie secondo i sub-settori, e si è potuto dire a ogni coppia di missionari il punto preciso un cui avrebbero svolto il loro lavoro. A ogni coppia si sono assegnate un ugual numero di famiglie. A loro è stato consegnate anche il numero sufficiente di copie del messaggio che avrebbero presentato alla gente.

Il succo del messaggio (preparato da me) era: "Dio ti ama e vuole che tu sia felice". A una presentazione iniziale seguiva la testimonanza di Chiara Luce, una ragazza del movimento dei focolari morta dieci anni fa di un tumore, e che Città Nuova ha pubblicato alcuni mesi fa. E poi l'inno di Paolo agli Efesini, sulla nostra chiamata in Cristo. Concludeva il messaggio un "decalogo" per chi voleva avvicinarsi al Signore e alla Chiesa.

Durante il lavoro porta a porta dei missionari io mi divertivo a passare per le strade in camionetta, per vedere l'accoglienza e la maniera di lavorare dei missionari. Ho visto sempre un rapporto molto sereno tra la coppia di missionari e chi riceveva la visita. Gli stessi missionari poi mi hanno più volte ripetuto che alla gente faceva molto piacere riceverli (anche perché ricevono visite insistentissime dagli evangelici), e soprattutto faceva piacere il loro stile, fatto di testimonianza personale e di dolcezza, e che in tutte le maniere voleva evitare la polemica. Si sono contati sulla punta delle dita i rifiuti.

La visita durava pochi minuti, quanto bastava per presentare il foglio del messaggio, per dialogare un minimo con chi ne aveva voglia, e per invitare alla "Messa di accoglienza" che il giorno seguente alle sette di sera si sarebbe celebrata nel settore.

Terminata le visite, i missionari sapevano che avevano l'appuntamento per il giorno seguente, di nuovo alle tre, in un altro settore. A questa maniera si è girata, in due settimane, tutta la parrocchia. I sei settori sono stati battuti, alcuno in un giorno, altri in due.

Le Messe di accoglienza sono state sempre un successone. Animate dai missionari, caricatissimi, e con molta gente che si affacciava per la prima volta dopo chissà quanto tempo di lontananza. La messa era preceduta da un "recita" preparata dal gruppo giovanile del settore, ed era seguita da un incontro di condivisione per gli uomini.

In un settore la Messa di accoglienza è stata l'occasione per accogliere 100 famiglie che sono venute ad abitare un mese fa in una parte nuova della parrocchia, e che a questo modo si sono sentite accolte con calore nella parrocchia.

La "recita" dei giovani esprimeva la loro esperienza personale. Una sera addirittura hanno rappresentato un fatto di cronaca di un ragazzo loro amico che è morto il primo di agosto, abbattuto a colpi di macete fuori da una discoteca da un altro giovane di una banda rivale.

L'incontro degli uomini è stato per me tutte le volte un momento bellissimo: non era mai troppo numeroso (dalle 15 alle 30 persone), e questo permetteva di dare la parola a tutti, per condividere la visita ricevuta dai missionari. Ogni sera diverse persone raccontavano cose significative: lo spirito che avevano visto nei missionari e che li aveva colpiti; il fatto che la missione gli aveva offerto l'occasione di "cedere" alle insistenze che da anni ricevevano dalla moglie; la decisione di abbandonare cattive compagnie e birra. Un giovane ha raccontato il suo ritorno alla Chiesa Cattolica dopo vari anni con gli evangelici; un altro era appena arrivato da un'altra zona della città e si era sentito subito accolto; ecc. ecc. In un settore la presenza di uomini è stata tanto qualificata a livello di desiderio di partecipare, che si è potuto progettare un cammino di fede e evangelizzazione per loro in particolare.

Una cosa particolare sono stati due giorni di questa ultima settimana, mercoledì e giovedì. La missione è stata accompagnata da una pioggia insistente, che ha trasformato in fango e reso scivolosissime le strade di terra del settore dove eravamo. Pochi missionari si sono fatti spaventare dalla pioggia; la maggioranza di loro si sono lanciati con lo stesso entusiasmo dei giorni precedenti. Ho visto alcuni di loro girare per le strade senza ombrello (perché non lo avevano o perché lo avevano dato a qualchedun'altro che se l'era dimenticato), fradici ma contenti. E abbiamo avuto la gioia di ricevere testimonianze di persone che si sono decise a venire alla messa di accoglienza perché colpiti dalla maniera di lavorare di questi missionari che nonostante tutto facevano il loro lavoro, certi dell'aiuto del Signore. Un missionario ha raccontato che lui cercava di non entrare nelle case, per non sporcarle con le scarpe infangate, ma che era la gente che, desiderosa di ricevere la visita, lo invitava a non preoccuparsi.

E bella è stato anche l'incontro con tanti evangelici (da noi sono tra il 5 e il 10%). Nonostante il clima di tensione che c'è spesso con loro, nella stragrande maggioranza hanno accolto con gioia i missionari, congratulandosi con loro perché vedevano che anche i cattolici vivono la missione.

La missione ci ha permesso di fare un mini-censimento della parrocchia. E' risultato che la famiglie sono circa 9.000. A una media di 5 persone per famiglia, viene una popolazione di 45.000 persone, con età media molto giovane.

Stamattina, domenica, con la Messa abbiamo concluso la missione. Ha seguito una breve convivenza, con varie testimonianze di persone che la missione ha aiutato a decidersi per il Signore. Ed è stato anche lanciato l'amo per un "ritiro di evangelizzazione", diretto a quanti hanno una fede che ha bisogno di rafforzarsi, e che si terrà tra 20 giorni, da giovedì sera a domenica, con colazione, pranzo e cena in parrocchia. Subito una quindicina di persone si sono iscritte, e non sarà difficile arrivare al limite massimo di 70.

Adesso passeremo "dalla missione alla pastorale". Già ho chiamato chi si sente di fare catechismo, e sono sicuro che, come l'anno scorso con la Gran Missione Archidiocesana, anche quest'anno ne vedremo delle belle.

L'avventura continua, il miracolo si ripete. Il Signore non si lascia vincere in generosità.

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52: LA SPIRALE DELLA VIOLENZA

Martedì 29 Agosto 2000

Ciao a tutti! Torno a riscrivervi dopo pochi giorni, per una cosa che mi ha colpito.

Alcuni giorni fa, tornando alla missione, trovo il cancello chiuso. Ed è un'ora che normalmente c'è il guardiano, che tiene il cancello aperto e sta vicino alla porta. E difatto il guardiano c'è, perché mi è bastata una strombazzatina per fargli aprire. "Cosa succede, Frank?, gli domando, perché non lasci il cancello aperto?" - "E' che l'altra sera hanno assalito uno là di fronte, e io non voglio fare una brutta fine. Ho paura che vengano qua e che mi tirino un colpo di pistola!".

Non ho fatto granché caso a quelle parole, anche perché questo guardiano ha fama di essere un fifone.

Poi però ripensavo che il primo d'agosto hanno ammazzato un ragazzo, Franklin, che fino a sei mesi prima veniva al gruppo giovani della parrocchia. 22 anni, se n'è andato perché camminava con un gruppo di ragazzi mezzi "tigre" (qui si chiama così chi fa stupidaggini, o cose più gravi, per il quartiere), e si sono incocciati all'uscire da una discoteca con un'altra banda che aveva un conto in sospeso con suo fratello. Risultato, Franklin è morto a colpi di macete, e un altro ragazzo è finito all'ospedale in condizioni gravi.

Oggi stesso mi dicono che hanno ammazzato a colpi di pistola il fratello di un altro ragazzo del gruppo giovani. Non ho saputo i particolari, ma ho collegato con i fatti precedenti.

Infine, mi raccontavano che in un vicoletto a dieci metri dalla parrocchia nessuno si azzarda più a passare di sera, perché tutti sanno che lì smerciano droga. Gli stessi che vivono nei paraggi cominciano ad avere paura, sia per eventuali violenze nei loro confronti, sia per non finire implicati in qualcosa che (forse) non ha niente a che fare con loro.

In una delle prime di queste notizie vi dicevo che mi avevano sconsigliato di andare in giro a piedi dopo il tramonto. A quei tempi ancora non mi rendevo bene conto delle cose. Ora comincio a capire.

Rimane il problema: cosa fare? la polizia, a quanto si dice, ha in mano lei il traffico della droga; che facciano ronde per il barrio non è neanche da pensare, sia per l'estensione, sia perché il rischio è che peggiorino la situazione.

Forse dovremmo chiamare le autorità, o fare una conferenza stampa...

Se avete qualche idea, scrivetemela. Grazie!

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53: UN LAICO IN MISSIONE

Domenica 3 Settembre 2000

Ciao carissimi!

Vi parliamo oggi del servizio prezioso che sta svolgendo qui Francesco Zannini, un laico genovese che con generosità ha deciso di dedicare alcuni anni al servizio nella missione.

A prima vista, la cosa più eclatante è che tutti lo prendono per un prete: "padre, venga acá... padre, deme un pesos... padre, ¿me confiesa?..." sono maniere usuali dei dominicani di rivolgersi a Francesco. Il quale tutti i giorni ne inventa una nuova per non dare una risposta banale a questo equivoco.

E l'equivoco fa pensare. Sarà che per i dominicani missionario equivale a essere prete? Perché non riescono a capire che un laico può partire per la missione?

Comunque, equivochi a parte, il lavoro di Francesco è preziosissimo. Il mese scorso, ha potuto fare il capocomitiva dei 10 giovani delle parrocchie che sono stati in Italia per il giubileo; e prima di partire se li era preparati spiritualmente, culturalmente e logisticamente, parlando con loro di tutti gli aspetti connessi al trovarsi in un paese diverso dal proprio, con molti giovani di altri paesi. E insegnando anche (la maggioranza dei giovani che partivano per l'Italia erano ragazze) come rispondere a eventuali proposte... non opportune!

Per tornare alla vita qui, la presenza di Francesco è quanto mai carica di significato per me e per Lorenzo, perché essere in tre significa gustare più a fondo il calore della vita di comunità. E molte volte che a me capita di arrivare a cena in ritardo, e che loro hanno già finito di mangiare, è Francesco che si ferma seduto a tavola, e possiamo raccontarci qualcosa delle intense giornate che trascorriamo qui.

Spesso e volentieri approfittiamo della sua disponibilità per il lavoro delle parrocchie. Fotocopie, commissioni, compere... E' difficile che uno chieda un favore e che Francesco non glielo faccia.

Normalmente, Francesco condivide la mattinata con le suore nella farmacia, dove da una mano con la cassa (con i dominicani bisogna avere 5 occhi...). Nel pomeriggio mi aiuta con il gruppo giovani, dove con il suo stile silenzioso, tra una pipata e l'altra, conversa molto con i giovani e mi fa arrivare perciò molti feedback preziosi.

Accompagnare gli ospiti è infine uno dei lavori più interesessanti che Francesco ha accettato. Fin dai primi mesi io e Lorenzo ci siamo resi conto che la vita della missione è intensa, e che eventuali presenze temporanee aggiuntive rischiavano di aggiungere un carico di lavoro troppo oneroso. Francesco si incarica di seguire queste persone che ci visitano (e che ci fanno moltissimo piacere), sta loro dietro per tutti gli aspetti logistici, li accompagna a visitare la città, ecc.

Una cosa preziosa di Francesco è il giornale. Ha la capacità di leggerlo a fondo e lo fa sistematicamente tutti i giorni. E così io e Lorenzo riceviamo da lui le notizie più importanti (non sono molte, qui), e spesso e volentieri condividiamo le risonanze sui fatti di cronaca.

Per finire, la pipa. E' l'amico fedele di Francesco. Fa compagnia a lui e anche a noi. Anche se a volte, con Lorenzo, la sera, in cucina, ci divertiamo a nascondergliela nel forno a microonde o in qualche altro posto strano; e così inizia la caccia al tesoro alla quale ormai il buon Francesco si è rassegnato, e che accetta di buon grado come parte delle sue fatiche quotidiane.

Francesco si trova bene qui, ci sembra. La cosa che lamenta è la mancanza di un altro laico con cui poter condividere "da laico", l'esperienza. Chissà se il Signore ce ne sta, proprio ora, preparando uno. Vi chiediamo una preghierina, perché la missione possa arricchirsi anche in questa maniera.

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54: LA FESTA DELLA MADONNA DELLA GUARDIA

Martedì 7 Settembre 2000

Ciao carissimi!

Il messaggio di oggi riguarda la festa della "Virgen del Amparo", cioè della Madonna della Guardia.

Forse molti di voi sanno che la missione di Genova a Santo Domingo cominciò in concomitanza con il cinquecentenario dell'apparizione della Madonna sul monte Figogna, alle spalle di Genova: 1490-1990. Un anno e mezzo dopo la cinquecentesima ricorrenza, i primi missionari, due preti e tre suore, partivano per Santo Domingo.

Quando si inaugurò la nuova parrocchia del quartiere dei "Multis", scorporandola da Santiago el Menor, la parrocchia fu intitolata alla Madonna della Guardia. Da quell'anno 1997 si celebra là la festa il 29 di Agosto.

La stessa festa si celebrava già da vari anni nella parrocchia di Santa Margherita, con grande solennità.

L'anno scorso la festa ha avuto poca risonanza, perché in quegli stessi giorni in Guaricano passava la Gran Misiòn Arquidiocesana, e quindi tutto lo sforzo pastorale si era concentrato nell'iniziativa giubilare.

La novità di quest'anno è stata la risonanza interparrocchiale che ha avuto la festa della parrocchia dell'Amparo. La messa del giorno della festa è stata la unica celebrata nelle tre parrocchie, e hanno partecipato i fedeli delle tre comunità. Lo stile non è stato quello delle grandi cose, perché i festeggiamenti venivano "dirottati" al fine settimana seguente.

E di fatto si è iniziato con un triduo, giovedì, venerdì e sabato. I vespri, recitati con tutto il popolo, con la predicazione in preparazione alla festa. Il primo giorno è toccato a padre Abraham, parroco dei viciniori, che con il suo stile popolare e immediato ha senz'altro conquistato la attenzione dei presenti.

Il giorno seguente è toccato a un servitore (come dicono qui). La terza sera don Lorenzo ha coinvolto la gente stessa che partecipava: ognuno poteva preparare, per il tempo che sarebbe stato dell'omelia, un contributo. Poesie, canzoni, filastrocche, recite... molti sono stati quelli che hanno partecipato, forgiando l'omelia più originale che io abbia mai visto!

La domenica della festa, la messa solenne delle 10 di mattina ha aperto i festeggiamenti. Un coro ben messo che ha saputo trainare con entusiasmo l'assemblea; la presenza di tutta la missione (i due preti, Francesco, tutte le suore); varie persone di Santiago el Menor e di Santa Margarita; le suore francesi che vivono nel territorio della parrocchia; anche due bambini piccoli che di fronte al presbiterio facevano finta di giocare a baseball! :-)

La cosa più originale è stata la recita che il gruppo giovani ha preparato per la fine della Messa: l'apparizione della Madonna a Benedetto Pareto rivisitata in chiave dominicana. Il Pareto, un contadino armato dell'immancabile macete; la moglie, una giovinetta che scopava continuamente per terra; il faccendiere a cui il Pareto doveva chiedere il permesso per andare in cima al monte; l'albero da cui il Pareto cadeva dopo la prima apparizione che si era trasformato in un incidente di lavoro tagliando la canna con il macete; la vergine che gli appare subito, ma naturalmente dopo che il faccendiere abbia potuto constatare la profondità del taglio nella gamba... Il tutto reso in maniera gustosissima, con vera arte teatrale.

Verso il mezzogiorno si è potuto seguire con la "kermesse": la pastorale sociale della parrocchia ha preparato da mangiare per tutti e l'ha venduto pro fondo per l'aiuto ai poveri.

Nel pomeriggio, un gruppo di bambini ha intrattenuto in maniera divertentissima la gente per un'oretta. Ed era uno spasso vedere questi piccoli danzare armoniosissimi e senza stancarsi, accompagnati soltanto da un piccolo tamburo!

Naturalmente, allungandosi il pomeriggio non poteva mancare un po' di "picadera", con macedonia e succo di frutta per tutti.

La serata si è conclusa con i vespri solenni e l'adorazione eucaristica: per imparare dalla Madonna a "fare quello che lui vi dirà".

E a Genova, come è andata la festa?

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55: NOTTI DOMINICANE

Giovedì 14 Settembre 2000

Ciao a tutti!

È sera. Sono abbastanza stanco. In parrocchia abbiamo iniziato un ritiro che durerà da domani a domenica, tre giorni intensi per una cinquantina di persone, andando a casa solo per dormire. 15 fratelli di un movimento carismatico accompagneranno i nostri parrocchiani per donarli con più forza al Signore.

Non posso non essere contento di questo. Quante meraviglie che il Signore mi fa vedere!

Però arrivando a casa ho incontrato altre cose.

In cucina, mentre con Lorenzo e Francesco cenavamo, le tanfate di spazzatura. I primi tempi che eravamo qui pensavamo che fosse la spazzatura buttata da tutte le parti qui attorno. C'è un prato vicino al muro del nostro giardino, dove 6 mesi fa era stata fatta una pulizia generale. Ora è praticamente bianco-colorato per i sacchetti di spazzatura che tutti buttano. Un po' più in là, oltre le tende dove vivono le vittime dell'incendio, una montagnetta di spazzatura, lasciata lì da qualche camion. L'altro ieri le hanno dato fuoco, e stamattina ci siamo svegliati con il mal di gola per il fumo.

I primi tempi pensavamo che la puzza venisse da vicino. Poi ci siamo resi conto che c'è una causa ben più grande: si chiama Duquesa, ed è la discarica di spazzatura di una città di 3 milioni di abitanti - tanti ne fa Santo Domingo -. È a cinquecento metri in linea d'aria. Dipendendo dalle stagioni e dal vento e dalla pioggia, a volte - come stasera - i miasmo sono insopportabili.

Invece, a duecento mesi dalla nostra casa, una persona sta sbraitando in una tromba da comizio. È un predicatore evangelico, che con alcuni dei suoi si è posto davanti a un gruppo di case e predica. Predica? Grida! Una predicazione fondamentalista, che sottolinea molto la bruttezza del peccato e che invita a farsi puri per il Signore. Ogni tanto infilano un canto. Ci sarà anche qualche preghiera di qualche fratello. Tutto gridato.

Dall'altra parte della casa, un altro altoparlante, con merengue e salsa. Tutte le sere le stesse cassette degli stessi successi, tutte le sere fino perlomeno a mezzanotte. E c'è da ringraziare quando se ne va la luce. Ma è solo per un minuto, perché il "colmado" (una specie di bar) ha un piccolo generatore e può riattaccare la sua musica.

Tra mezz'oretta sarò in letto. Non sentirò più né la musica né il predicatore, perché grazie a Dio ho il sonno facile. Domani mattina mi sveglierò con il tanfo di Duquesa... non voglio pensarci troppo, il ritiro mi aspetta, e il Signore mi farà vedere cose grandi.

E la speranza che questa gente, rinnovata dall'incontro con il Signore, lavorerà per rendere un po' più umano questo mondo così pieno d'affetto ma così fortemente incosciente. Il Vangelo per rinnovare il mondo. Cristo salvatore dell'umanità.

Amen! Vieni, Signore Gesù!

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56: FRANCESCO RACCONTA LA SUA ESPERIENZA

Martedì 2 Ottobre 2000

Ciao a tutti!

Gli "Amici del Guaricano" hanno chiesto a Francesco Zannini (il laico che da un anno è qui con noi) di inviargli una lettera-testimonianza sul suo servizio.

Visto che è molto bella la giro anche a tutti voi, sono convinto che vi piacerà.

Eccola. Buona lettura!

Cara Francesca,

ti rispondo solo ora perché, forse, ti è sembrato di chiedermi una cosa facile; ma, per me, raccontare cosa faccio nella Missione, implica una riflessione sul significato profondo di quello che sto vivendo e del come lo vivo.

Per questo mi sono preso del tempo, approfittando del clima piovoso di questi giorni che ha, in qualche modo rallentato le attività, per pensare e cercare di chiarirmi le idee. Tu hai visto Guaricano, hai conosciuto alcuni degli abitanti che vivono in questo barrio, e ti sarai fatta la tua idea, avrai pensato alle soluzioni che sarebbero necessarie per migliorare la situazione e, avendone la possibilità, avrai desiderato di tornare per cercare di realizzarle, di porle in pratica.

Tutto questo è esattamente quello che ho vissito io, fin dalla prima breve visita, fatta nell’ottobre del 1992, con un gruppo di laici e preti che accompagnavano il Cardinale Canestri.

La decisione di andare in pensione anticipatamente l’ho presa proprio per questo motivo: tornare in Guaricano, collaborare con la Missione, posizionare il mio bloc per la nuova casa più solida, in cui sarebbero andati a vivere i poveri delle precarie capanne costruite sulle cañadas. Mi sono accorto, a poco a poco, durante un anno e mezzo di permanenza che questo progetto così chiaro, così semplice nella sua laicità è più complicato di quello che potessi pensare.

Si è inserito un elemento non previsto, ma importante, direi risolutivo. Non sarebbe giusto affermare che non lo conoscevo, ma certamente l’avevo sottovalutato. La mia lunga esperienza di scautismo, forse, mi faceva ritenere di averlo acquisito per sempre. Parlo dello spirito di servizio. Per poter servire gli altri che sono costretti a vivere in un mbiente povero, degradato sotto tutti i punti di vista (la violenza aumenta di giorno in giorno, in santo Domingo e qui in Guaricano. La vita non è considerata un valore: l’altro giorno, vicino alla Posta, nella parrocchia di Nostra Signora dell’Amparo, alle otto di sera è stato sgozzato un motoconchista da un cliente che si è appropriato della moto). Ci si debe liberare da qualsiasi, pur inconsapevole, senso di superiorità. È giusto guardare criticamente questa realtà, ma non è giusto giudicarla. Come si può fare allora? La mia conclusione, a questo proposito, coincide con quanto scriveva nell’ultimo bollettino de “I Piccoli Fratelli di Gesù” un fratello del Medio Oriente. È l’unico metodo che mi sembra applicabile ma è anche il più doloroso. Riporto testualmente: "...una presa di coscienza più profonda dei miei limiti e della mia povertà spirituale mi aiuta a comprendere e ad accettare meglio i limiti e la povertà degli altri. Può essere anche che a poco a poco il Signore cambi la mia maniera di vedere le cose, Lui che 'quando vede il male è come se non lo vedesse, quando sente il male è come se non lo sentisse', come ci dice un detto dei Padri del deserto".

Questa nuova ottica non si può improvvisare, richiede un cammino di fede, di conversione. Ogni giorno che vivo qui, in missione, è un piccolo e incerto passo verso questa direzione. È un continuo avanzare e retrocedere. Davanti ad episodi tragici o violenti riaffiora la voglia di giudizio, l’incomprensione, l’etichetta (barbari!) che ti scarica da ogni responsabilità, anche da quella affidataci da Gesù: amare. Tenendo presenti queste premesse che per me sono la parte più importante del mio impegno missionario, ora posso descriverti la mia giornata dominicana.

La sveglia squilla alle cinque e mezza, mi alzo, quasi sempre, pieno di sonno, ma con una doccia e un buon caffé in qualche modo sono in piedi, pronto per andare alla santa Messa. Dopo, inizia la mia mattinata nella farmacia dell’ambulatorio, lì mi occupo della cassa. Non è, come si potrebbe pensare, un lavoro di poca soddisfazione. A me piace perché mi fornisce molte indicazioni sulla situazione sanitaria del barrio. Le rischieste di analisi, ad esempio, mi danno una idea di quali sono le infezioni più diffuse (l’AIDS è in continuo aumento e praticamente non la si cura); le medicine rivelano le patologie più comuni, le iniezioni combattono le malattie più resistenti, e così via. Le parole, poi, che le suore e l’infermiera scambiano con i pazienti, aprono squarci inediti sulla realtà di Guaricano e dei campos vicini. Non mi fa molto piacere quando Paolo mi affida altri incarichi da svolgere nella mattinata, perché mi toglie da questa finestra aperta sulla vita quotidiana.

A mezzogiorno e un quarto si rientra per il pranzo comunitario che, oltre a rifocillarci, ci serve per scambiare le informazioni sugli impegni che ci aspettano e a commentare gli avvenimenti più importanti. Dopo pranzo, mi riposo leggendo il giornale, ricevo le telefonate dei mie familiari o amici (la differenza di orario impone appuntamenti concordati), faccio un sonnellino e verso le tre e mezza rientro in parrocchia. Il pomeriggio, solitamente, è dedicato alle molteplici riunioni che, quasi sempre, necessitano di adeguato supporto cartaceo, che preparo con la fotocopiatrice.

Nei momenti liberi, conversando con le presone che attendono di parlare con il parroco, cerco di filtrare le richieste, di valutarne le urgenze. Se posso soddisfarle personalmente, un lavoro in meno per Paolo che ne ha già tanto. Anche se la riunione con i giovani è fissata al martedì alle sei, quasi tutti i giorni, verso quell’ora, passano dalla parrocchia e mi fa piacere chiacchierare con loro, scoprire lati sconosciuti del loro carattere o della loro storia. Li sento più vicino e molte volte mi stupisco della loro bontà (in simili situazioni familiari o sociali so fin troppo bene quanto rabbiosa sarebbe la mia reazione).

Alcune volte, specialmente al sabato e alla domenica, terminata la Messa, vado accompagnato dagli animatori di comunità a portare la comunione agli infermi. Settimanalmente visito una decina di famiglie. A questo compito tengo in modo particolare, svolgendolo tocco con mano tutto quello che uno può supporre sulla vita degli emarginati: la capanne, las cañadas, il numero spropositato di persone ammassate in pochi metri quadrati, le pessime condizioni igieniche in cui vivono gli adulti e infiniti bambini. Quando mi capita di visitare un nuovo malato, in una zona dove non sono mai stato, mi coglie una dolorosa sensazione di sgomento. "Mio Dio, come è grande Guaricano!", ma quanti sono i poveri che ci vivono? Cosa si deve fare per loro? Mi accorgo che sono tornato alle domande iniziali... e se una speranza esiste è tutta racchiusa nel sorriso di chi riceve l’Eucaristia e mi dice, salutandomi: “Grazie di essere venuto a visitarmi, hermano".

Un abbraccio. Francesco

_______________
Glossario:

barrio quartiere povero di periferia
bloc blocchetto di cemento per costruzione
cañada fossato che raccoglie acque piovane e nere
motoconchista mototaxista
campos paesini situati nei dintorni del barrio, una volta erano in aperta campagna, ormai vengono assorbiti nella città
hermano fratello

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57: MINISTRO LANCIATISSIMI!!!

Martedì 10 Ottobre 2000

Ciao a tutti!

La istituzione dei ministri nella mia parrocchia mi dà lo spunto per raccontarvi di qualcuno di loro, delle tre parrocchie. Ogni persona è diversa, ma i tipi che vi presento sono caratteristici.

Nella parrocchia dell'Amparo c'è un solo ministro, Joaquìn. La prima volta che uno lo vede dice: questo è del gruppo giovani. Invece è felicemente sposato da più di dieci anni, ha 3 figli, e lavora in una compagnia di import-export. È stato istituito per il servizio della parola e dell'Eucaristia dell'unica cappella che la parrocchia dell'Amparo fino a un anno fa aveva: la Milagrosa, nel mezzo dei "multis". È un "giovane" disponibile, lo incontri sempre sorridente, e quando abbiamo qualche cosa che ha a che fare con dogana o similari si fa in quattro per aiutarci.

A Santiago i ministri della parola sono quattro, e il più caratteristico è Bernardo. Lo ricordiamo quando siamo arrivati per la prima volta, a fine ottobre '98, è venuto a prenderci all'aeroporto con don Giulio. Un uomo basso, si potrebbe dire tozzo, ma simpaticissimo, e che tra una parola e l'altra sempre mette una risatina. Fa il suo servizio alla cappella di Santa Rita, nel barrio Brisas del Norte. È un po' il suo regno: è presente a tutte le celebrazioni e si vede che tiene in mano la situazione; durante la messa ha immancabile il suo camice che lascia intravedere la parte bassa dei pantaloni, e al momento degli avvisi si scatena, motivando molto bene tutte le attività. Specialista nel dare il benvenuto, tesse gli elogi di tutti i preti ospiti che gli capitino sotto le grinfie. Fino a qualche mese fa era in parrocchia a tempo pieno, perché il suo lavoro consisteva nel far lavorare dei nipoti con un camioncino di sua proprietà: glielo lasciava perché andassero in giro a vendere frutta, ed evidentemente a lui passavano una parte dei guadagni. Ultimamente deve essere successo qualcosa che lo ha costretta a riprendere in mano lui l'attività, e bazzica un po' meno in parrocchia.

A Santa Margarita il decano dei ministri è Marcial. Uomo maturo, sui 40 anni, una moglie che lo segue molto e lo appoggia totalmente nel suo lavoro nella chiesa, si guadagna la vita gestendo una piccola caffetteria della nostra scuola. Non sta troppo bene di salute, a quanto dice, però è presente e ben vivo dentro alla parrocchia. Una volta ha dato pubblicamente testimonianza di una guarigione da una brutta sciatica che aveva alla gamba destra. Partecipa quasi tutti i giorni alla Messa, ma non gli piace mettersi in mostra. Se c'è da fare qualcosa, però, se ne assume pienamente la responsabilità, e normalmente viene lasciato come "viceviceparroco" quando non c'è il titolare (don Paolo). Sa gestire bene la sua famiglia, si "vanta" che i suoi figli non gli hanno mai dato problemi. Nel suo ruolo di ministro sa delegare e corresponsabilizzare, ed è un buon motivatore. Alla gente piace quando è lui a celebrare la parola, perché è una persona irreprensibile, che non ha mai dato adito a "chismes" (chiacchere, ceti in genovese). Qualcuno ogni tanto dice che farebbe un buon lavoro come diacono permanente, e lui sta facendo un pensiero a mettersi in regola con gli studi che la diocesi esige per i candidati.

L'ultima volta che ho visto Marcial in una celebrazione della parola il presidente non era lui, ma Julio, uno degli ultimi istituiti. Marcial, alto, buona corporatura, era al suo lato; e Julio si presenta piccolo, con un paio di occhiali mezzi sgangherati, magrolino e mal rasato. Nonostante le apparenze, anche Julio fa un bel lavoro come ministro, e alla gente piace. Davide e Golia, sembravano i due. Ma nessuno dei due impersonava il cattivo. Questi ministri piacciono ai nostri cristiani e seminano con molto frutto la parola di Dio.

don Paolo e don Lorenzo

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58: "COMPROMISO" POLITICO

Venerdì 27 Ottobre 2000

Ciao a tutti!

Con la scuola c'è una novità: da questo anno scolastico abbiamo aperto il turno serale: corsi di alfabetizzazione, che portano uno dall'analfabetismo alla nostra terza media in 5 anni. Qui la chiamano
"instruzione di adulti".

La cosa è nata dal fatto che la scuola di adulti più vicina a noi teneva insieme gli adulti con il corso di liceo. Non so se sta crescendo il desiderio di scolarizzazione, o se aumenta il numero di ragazzi di 15/16
anni che dai corsi diurni passa ai serali perché lavora. Sta di fatto che quella scuola vicino alla nostra sta scoppiando, e non sapevano più dove mettere gli studenti. Così hanno chiesto a noi se, ripetendo un'esperienza già fatta altre volte, ospitavamo alcuni corsi dei loro.

Di fatto, dopo aver chiesto consiglio qui, e avendo ricevuto parere favorevole dai superiori di Genova, abbiamo proposto di assumere noi questi corsi come parte de nostra scuola, in modo da poter offrire non
solo un locale, ma qualcosa in più: la formazione di personalità sane e forti, un percorso educativo dove la fede cristiana è l'orizzonte di riferimento. In poche parole, poter portare avanti un progetto formativo
consono alla fede cristiana.

Di fatto non abbiamo incontrato resistenze. Il direttore della scuola vicina, Ramón, ci ha appoggiati. Non solo, insieme agli alunni della sua scuola, ci ha passato i professori che lavoravano con loro. Il che non è
poco, considerando che a volte un professore deve lavorare gratis due anni prima di essere nominato.

C'è stata un po' di tensione perché Ramón non ha avuto il coraggio di dire ai suoi maestri che li "cedeva" a noi. Così mi è capitato che i primi incontri con loro erano segnati da una impercettibile tensione, che non mi spiegavo. Ho potuto fare una riunione con il corpo docente, e questo ha chiarito le cose. Non solo, ma gli stessi maestri hanno detto che erano ben contenti di non essere più nella scuola di prima, a causa della
struttura fisica dell'edificio, che rende molto facili atti vandalici e di violenza, e mette in pericolo la integrità fisica di professori e studenti. Problemi che grazie a Dio noi non abbiamo.

Il problema in questo momento è con le autorità scolastiche. Il supervisore del distretto sta facendo molti problemi per nominare il personale ausiliario che noi abbiamo presentato. A noi interessa mettere
come segretaria e bidelle persone della parrocchia, perché diventa facile vivere un rapporto di fiducia piena con queste persone. Cosa che può essere veramente difficile con gente che ti mettono da fuori.

La cosa notevole è che c'è un patto ben chiaro tra stato e chiesa cattolica, un patto basato sul concordato e sulla prassi, in base al quale alle scuole cattoliche si riconosce la facoltà di presentare il personale
da nominare. Fino ad adesso non era stato messo in questione da nessuno.

Il fatto è che neanche questo nuovo governo (più vicino alla chiesa del precedente, tra l'altro) si sogna di voler cambiare le cose. Il problema nasce dal fatto che hanno vinto le elezioni e devono ricompensare gli
elettori. "Tenemos compromiso político", "abbiamo un impegno politico", cioè un impegno con quelli che ci hanno portato qui. E l'autorità distrittale cerca in tutte le maniere di imporre chi vogliono loro. Ma non
perché i loro candidati sono più bravi: semplicemente perché sono del loro partito e devono dargli un posto di lavoro!

Ho parlato della faccenda con padre Ricardo, un prete che da tanti anni lavora nella scuola, e mi ha offerto il suo appoggio per andare insieme al Ministero dell'Istruzione per far presente la cosa e richiedere la libertà di portare avanti i nostri progetti educativi. Andremo in 5 o 6 tra preti e suore, presenteremo un documento, e, a detta del padre Ricardo, questo dovrebbe generare una "indicazione dall'alto" per il supervisore del distretto che dovrebbe far andare a posto le cose.

Ho fiducia che le cose si risolvano, perché questo supervisore del distretto è una persona dalla storia poco chiara, molto conflittivo, e che ha fatto fiasco già in altri incarichi precedenti. L'impressione, e la
speranza, è che presto lo possano "promuovere". Con una persona diversa sarebbe più facile avere l'appoggio che ci permette di continuare il lavoro: generare uomini e donne nuovi, cristiani formati e seri, per la società dominicana.

L'avventura della scuola, nuova qui per me, è ogni giorno di più la scoperta di un mondo grande. È la scoperta di possibilità pastorali che non avevo mai considerato. È sentirmi protagonista di un cambio che per la vita futura del Guaricano diventa ogni giorno più decisivo.

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59: PASTORALE DEGLI ADOLESCENTI NELLA PARROCCHIA DELL'AMPARO

Domenica 29 Ottobre 2000

Ciao a tutti!

Vi scrivo a nome di don Lorenzo, il quale come me vede tante cose belle nelle sue parrocchie.

Stasera stessa mi dice che nella parrocchia di Nostra Signora dell'Amparo (=Guardia) è cominciato il cammino di fede degli adolescenti.

Fino a due anni fa quella parrocchia aveva solo il gruppo giovani. L'anno scorso alcuni giovani del gruppo hanno accolto la provocazione della pastorale giovanile diocesana e si sono iscritti a un corso per animatori di gruppi di adolescenti. Conclusolo, hanno iniziato subito a proporre qualcosa in parrocchia. Un po' di fuoco, ma di paglia. Da parte dei ragazzi non c'è stata costanza, o forse gli animatori mancavano ancora di esperienza.

Oggi la riproposizione del cammino. Invito fatto nella messa del mattino, alla quale partecipano sempre tanti ragazzi. "Alle quattro del pomeriggio tutti qui per l'incontro degli adolescenti. Non mancate. Sarà super!".

E alle quattro c'erano almeno una cinquantina di adolescenti! L'incontro inizia, come si usa qua, con molti canti, e con molte "dinamiche". La parola indica qui attività di gruppo che possono essere di conoscenza o di gioco, e che tendono a coinvolgere la gente e a farla mettere a proprio agio. Mi sembra che in italiano si possa dire "tecniche di gruppo".

Dopo questo, una preghiera, fatta dallo stesso don Lorenzo. Al quale, dopo è toccato sottostare a una "intervista" fattagli dagli stessi ragazzi, i quali hanno potuto così soddisfare alcune curiosità sopra il loro parroco.

Dopo di questo, l'entrata nel tema, con un carrello di diapositive. Il tutto ben scorrevole, e ben partecipato.

Una figura si è rivelata ben piazzata nell'incontro: suor Virgilia. Non è una suora delle nostre, ma una dell'ordine religioso di origine francese che da quattro anni lavora nella parrocchia dell'Amparo. A differenza di suor Claudia e di suor Maria, che sono francesi, suor Virgilia è
dominicana, e quindi ha più facilità di proporsi e di coinvolgere. A lei è stata affidata l'assessoria del nuovo gruppo di adolescenti, e sicuramente sarà una figura trainante.

Come continueranno gli incontri? avranno una cadenza quindicinale. Questo è sicuro. Quello che è meno sicuro è la continuità nella partecipazione. Molto dipenderà dalla voglia dei ragazzi di lasciarsi mettere in gioco. Altrettanto dipenderà dalla capacità degli animatori di continuare ad
offrire un prodotto fresco e buono come quello del primo giorno.

Indipendentemente dai risultati, però, piace vedere che ci sono giovani che sentono l'esigenza di crescere nuove leve. E che accettano possibili fallimenti. Senza paura. Lanciati sulle strade della nuova
evangelizzazione.

don Lorenzo

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60: L'ORA LEGALE (O SOLARE?)

Venerdì 3 Novembre 2000

Ciao a tutti!

Qui ci troviamo in una bella confusione. Da quasi una semana è cambiata l'ora, e tutto è diventato più difficile.

Che cosa è successo? Già da un mese il governo aveva annunciato che si sarebbe messa l'ora legale (?) a fine ottobre. La cosa era nuova, perché da perlomeno 10 anni l'ora era fissa. La gente non ha fatto granché caso all'annuncio, e i mezzi di comunicazione praticamente non ne hanno parlato.

Il cambio era previsto per la notte tra sabato e domenica (esattamente come in Italia, alle due del mattino). I giornali del sabato non facevano parola dell'argomento.

Risultato: domenica mattina la gente è tutta venuta alla messa con l'orario vecchio! Cioè un'ora prima. Perché il governo ha detto che bisognava anticipare l'orologio. La gente non sapeva, o non ha capito, e l'orologio non lo ha toccato. O forse tanti l'orologio non ce l'hanno o non lo usano.

Ora, sono interessanti alcuni particolari:

1. L'orologio era da anticipare (come è stato) o da ritardare di un'ora? Il governo aveva detto che si prendeva la misura per risparmiare energia. In realtà, si sono peggiorate le cose. Perché prima il sole sorgeva alle 6 e un quarto di mattina e tramontava alle 6 di sera. Adesso sorge e tramonta un'ora prima. Cioè alle 5 e mezza di sera è già buio pesto. E la luce alle 5 di mattina non serve a nessuno. Quindi in realtà si consuma più energia, perché la notte comincia prima.

2. Qualcuno comincia a dire sui giornali che i consulenti del presidente hanno ceffato, indicando il cambiamento nella direzione sbagliata. Di fatto dal palazzo non arriva nessuna smentita. Tutto tace. Ma conoscendo i livelli culturali della gente, e conoscendo i livelli culturali dei laureati, non sarebbe da stupirsi per l'errore. (Tra parentesi: un professore della nostra scuola alcuni mesi fa non mi ha saputo fare la divisione 84.000.000/10.000.000).

3. Qualcuno ipotizza che il discorso del risparmio energetico era di copertura, ma che la finalità reale era un'altra: quella di agganciarci all'ora di New York, la Standard East Time. Sarebbe plausibile, per rendere più facili gli intercambi a livello commerciale.


Sta di fatto che la gente si è adattata, ma la lamentela è generale.

a. Alle 7 di mattina, quando la gente va a lavorare, il sole è già alto, e picchia bello forte.

b. Alle 5 di sera comincia a fare scuro, e i bambini che vanno a scuola di pomeriggio, e che escono alle 5 o alle 5 e mezza, trovano pericolo per la strada, perché con la notte "escono" i delinquenti.

c. Praticamente la maggioranza dei lavoratori tornerà a casa con il buio. Ciò significa maggior spesa, perché i trasporti privati, la maggioranza, chiedono di più di notte. E maggior pericolo, come già detto sopra.


Di fatto, molte scuole hanno già cambiato l'orario, anticipando di un'ora l'orario delle lezioni. Perché, non dimenticate, qui si dà il turno del mattino e quello del pomeriggio. E le serali, naturalmente. Cominciando alle 7, il turno mattutino finisce alle 11.30. All'una inizia il pomeridiano, fino alle 4.30. E c'è tre quarti d'ora per arrivare a casa. Per molti bambini ci vuole tutta per arrivare con il chiaro.

Noi ci adegueremo, dalla settimana prossima. Il problema è che non si è data nessuna indicazione ufficiale. E allora ci troveremo con i professori che lavorano di mattino in un'altra scuola e di pomeriggio nella nostra, che avranno una pausa del mezzogiorno di solo mezz'ora! Come si potrà gestire la situazione, lo vedremo.

E' il terzo mondo, purtroppo. Nonostante i telefonini e i computer e la tutta la tecnologia, i problemi sono veramente tanti.

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Pagine a cura di don Paolo Benvenuto - Segnalami eventale materiale che possa essere aggiunto!


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Luglio 1999